Da un riservato dialogo con un mio aspetto interiore nasce questa conversazione, che ha il pregio di spiegare alcuni punti salienti della mia dialettica pittorica… Buona lettura!
Che senso ha la creatività per te ?
Una volta lessi un’affermazione del filosofo francese Maurice Merleau-Ponty che mi colpì molto: “L’Essere è ciò che esige da noi creazioni affinché ne abbiamo esperienza”. La mia creatività è come un prolungamento di tensioni interiori. Realizzare soluzioni creative, dipingere, utilizzare l’Arte come strumento espressivo, sono le ali con cui affronto lo spazio esperienziale. Cerco di conoscermi e di dare un’interpretazione per me plausibile degli eventi che accadono. A volte spaventata, altre sollevata, sento che questo percorso crea risonanza dentro me. L’esploratore profondo si evolve, mentre comunica con il Divino.
Che cosa è radicalmente cambiato nei tuoi ultimi lavori rispetto ai primi ?
Se, riguardo la prima fase, si può parlare delle mie opere come di una specie di raccolta diaristica, in cui avveniva una narrazione di natura didascalica, seppur personale e riservata, dell’esperienza emotiva soprattutto, in un secondo momento quei racconti si sono evoluti… Risentendo di una certa apertura alla speranza. Il torpore, il senso di angoscia e l’incomunicabilità sono stati tradotti e codificati per dare inizio ad una nuova fase di ricerca interiore e spazio alla possibilità di guarigione… Una rivalsa con la propria parte in ombra, che fa da zavorra. Dolore, sofferenza, continuano ad essere raccontati… Ma il buio non è più così paralizzante, proprio per la comparsa di una nuova luce di valutazione. John Lennon e Yoko Ono avrebbero cantato… “Give Light A Chance”!
Che strumento è per te la meditazione su un quadro e quale finalità ha per la tua ricerca stilistica ?
Mi torna alla mente quel gioco di puntini, da congiungere con una sola linea, che alla fine danno vita ad una figura riconoscibile. Finché i punti rimangono separati, non si riesce a capire granché. Non si comprende l’ordine né lo scopo, non si arriva a vedere. Ma quando vengono uniti, si ha perfettamente il senso delle loro posizioni. Così come nella meditazione su “ Mausoleo e Celebrazione ”… Al primo sguardo non si ha un’idea ben precisa. Poi, sfumature ed ombreggiature diventano tracce di uno scheletro sul quale è sorretto tutto il senso dell’opera. Così, come nella vita… Fino a quando vivi immerso, sei dentro ad un’esperienza negativa, questa sembra essere la tua congiura. Pensi che rimarrà tale per il resto della tua esistenza. Solamente a distanza di tempo e con il giusto distacco, riuscirai ad intuire lo scopo di quel doloroso evento. Forse questo è ciò che sto ricercando nell’attuale momento della mia storia di individuo e di artista : qualcosa, un evento, per lo più intimo, all’insegna della libertà, che abbia origine come indefinito, indefinibile, e, pian piano che si riesca a metterlo a fuoco, unendolo al resto, conduca l’intera composizione, ma anche il corpo dell’opera stesso, alla nitidezza a alla conquista di un senso… E pure di una sequenzialità. In qualche modo, con il potenziale di fruibilità di un video, che può espandersi in un prima , un adesso e un dopo.
La libertà contraddistingue molte scelte pittoriche che hai fatto tue… Come nel dipinto “ Trittico 2011- Il Beato Ordinamento ” ad esempio, hai preso a prestito l’immagine di una famosa scultura di Rodin stravolgendone completamente il verso, il punto di osservazione… Oppure la libertà che, come nella tua ultima opera, ti permette di apportare curiosi tagli alle figure che ritrai.
Dar vita allo spazio che intravedo esistere tra due forme percettivamente riconosciute come familiari, e studiarlo da un altro punto di vista, mi aiuta a far progredire altri processi di elaborazione come, ad esempio, una diversa sintesi cromatica o struttura prospettica, un’imprevista interazione tra le forme, inoltre e non ultimo, a dialogare con un nuovo equilibrio sopraggiunto. Non solo. Sovvertire il punto di vista “ortodosso”, comunemente accettato ed assorbito nel nostro immaginario figurativo, mi offre l’opportunità di godere di uno spazio che emerge incontaminato e di valutare un significato nuovo. Da una manipolazione consapevole del dato preesistente, si esprime l’ urgenza di far coincidere l’attività pittorica con il mio bisogno di fruitore dell’opera d’arte e, soprattutto, la necessità di mettere in moto una trasformazione più profonda: cambiare la valutazione delle relazioni tra gli eventi. Quando dipingo dei soggetti tagliati ai margini della tela, invece, è come se auspicassi una collaborazione da parte dell’osservatore che deve completare con la sua immaginazione il resto delle figure. Non si tratta solo di riflettere sulla transitorietà delle cose che ci accadono. Credo sia piuttosto un vero e proprio incoraggiamento a non fossilizzarsi sul dato certo e, in qualche modo, osservare una figura per metà potrebbe sollecitare questo tipo di atteggiamento mentale.
Il tuo è un lavoro introspettivo che attraverso la pittura mira alla rieducazione?
Sì, alla sensibilizzazione. Cerco di promuovere un’ indagine dentro noi stessi, un tipo di riflessione legata non solo alla narrazione estetica né solo a quella artistica ( stilistica ). In realtà non è neppure l’impatto emotivo “a tutti i costi” a soddisfare la mia necessità. Nel nuovo ciclo di lavori che prende il nome dall’ultimo dipinto “Occhi per Vedere”, il mio obbiettivo è stato quello di… Concederci il tempo… Darci la possibilità che il messaggio, contenuto per noi in quell’opera, possa rivelarsi, venire in superficie con tutta la sua profondità.
Parli al plurale!?
Anche se li ho dipinti, non mi escludo dal beneficiarne come fruitore. Il fatto che possa goderne quando mi dedico ad osservarli, mi spinge a creare delle immagini tese non esclusivamente all’esibizione fine a se stessa. Ammesso che la forma affascini sempre e, liberata nello stile dal suo significato d’origine – per dirla alla Calligaro – diventi significazione stessa di un mondo “altro”, resto comunque dell’idea che l’immaginazione venga guidata non soltanto dal nostro volere, ma che co-operi con il messaggio che da quelle forme vuole uscire, per noi. Ad ognuno il suo messaggio che attende di rivelarsi. Non è forse vero che ognuno vede ciò che vuol vedere? O che è pronto a vedere? Ecco perché a mio avviso un dipinto deve reggere il peso del tempo, fare in modo cioè che la rivelazione possa evolvere in comunione con l’attitudine dell’osservatore. Per fare questo ho bisogno non soltanto di unire la fascinazione dello stile con il contenuto mentale, ma con una particolare propensione ad un genere di informazioni che non si consumano tanto velocemente e che non sono quindi inclini ad essere reinventate di continuo, con un nuovo costume. Parlo della comunicazione con la parte più duratura in ognuno di noi. Il nostro Spirito, la nostra parte Divina, la nostra Anima. Per chi crede nella Reincarnazione, quello che sto dicendo non sarà del tutto insensato, perché si troverà a suo agio nel confrontarsi con alcuni particolari che emergono dalle mie opere.